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S’avvicina la sosta per il Mondiale, 52 giorni in cui la stagione si fermerà. Si darà spazio a tournèè, amichevoli, allenamenti per reggere il passo sotto il profilo della preparazione, considerando che poi a gennaio si riparte a mille all’ora, con campionati, coppe nazionali e poi quelle europee che entreranno da febbraio in poi nella fase decisiva.

Per noi italiani sarà un momento molto triste, con la nostra Nazionale fuori dal Mondiale e tutti noi costretti a guardare gli altri mentre si battono nel torneo dei sogni, quello che ha scandito ogni quattro anni la nostra estate.

Si è persa anche questa certezza, nel calcio business dove tutto è misurato in termini commerciali capita anche il Mondiale d’inverno in un paese senza storia calcistica, con tanti punti oscuri sulla costruzione degli stadi, su tanti lavoratori che hanno perso la vita e sui diritti civili.

Davanti al denaro non ci si ferma, si è disposti anche a stravolgere l’andamento delle stagioni calcistiche. È un’annata anomala, mai era accaduto che il percorso delle squadre s’interrompesse nel bel mezzo del percorso, come se fossimo in Argentina con i campionati di apertura e clausura.

Sarà interessante capire cosa ne verrà fuori. Non bisogna aspettare la ripresa a gennaio, già in questi giorni stiamo entrando nel clima Mondiale perché non mancano i calcoli, nessuno vuole rischiare oppure, qualcuno poi è pronto a tornare con la speranza di non condizionare il viaggio in Qatar. È il caso di Maignan, Di Maria, Pogba, Lukaku, Dybala, assenze che ovviamente incidono tanto nel cammino di Milan, Juventus, Inter e Roma.

Il Mondiale ci ha regalato una stagione iniziata prima, che finisce più tardi del solito e che vanta tanti blocchi infernali, praticamente la partita ogni tre giorni è diventata una normalità. Ci si allena poco, si gioca troppo e il risultato è che le squadre devono saper adattarsi al peggio, non bastano solo le rose profonde ma anche la capacità di essere camaleontici, di modellare l’identità di gioco in virtù di ciò che si ha a disposizione. Ci è riuscito benissimo il Napoli finora, Osimhen è mancato per più di un mese ma con Raspadori e Simeone il suo infortunio non ha prodotto danni quando, invece, negli anni scorsi rappresentava un dramma sportivo.

Gli ostacoli non sono finiti, dover fare a meno a lungo di Rrahmani, aver perso Anguissa, che però, potrebbe recuperare in tempi brevi comporta altre difficoltà per il percorso del Napoli. La Lazio di Sarri nelle prossime tre partite ha da affrontare la stessa sfida di Spalletti. Manca Immobile, il centravanti, l’anima della Lazio e a Formello non ci sono Simeone e Raspadori.

Tocca inventarsi soluzioni, la più gettonata è Pedro al centro dell’attacco, con la capacità di modellare il gioco in virtù delle sue caratteristiche. Mancheranno delle soluzioni in ampiezza e profondità ma si lavorerà tanto sulle combinazioni rapide, con Felipe Anderson e Zaccagni che, venendo frequentemente dentro il campo, possono far saltare i riferimenti degli avversari. Ci sono poi due variabili: l’idea di spostare Milinkovic Savic al centro dell’attacco con Luis Alberto mezzala al suo posto e Cancellieri come risorsa che può svariare su tutto il fronte offensivo.

L’ultimo mese prima della sosta rappresenta un momento-chiave di quest’annata anomala. Gli staff tecnici e medici dovranno compiere delle opere di ingegneria, tenendo conto di tutto: condizioni fisiche, garanzie sui recuperi dagli infortuni, status emotivo e mentale.

È la complessità del calcio nel 2022, succube del Dio Denaro, con il Mondiale vissuto non più in spiaggia ma sul divano, magari sotto la coperta per coprirsi dal freddo.

Ciro Troise

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