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I diritti tv, il marketing, il business plan, tutto quello che volete ma non vi dimenticate che la benzina del sistema calcio è la passione. Una spinta irrazionale che determina sacrifici economici e umani, una potenza emotiva indescrivibile, capace di mettere a posto tutto come poche cose al mondo. Il calcio, lo stadio, la fede, riescono a far dimenticare i problemi, a far sentire l’appassionato nel posto dell’anima, quello in cui si vorrebbe essere sempre.

L’ultimo weekend ha dato una lezione a coloro i quali pensano che nel calcio possano comandare solo i numeri, c’è un’umanità di cui tener conto. Nel pianto di Dybala, nei segnali di Vlahovic, il più a disagio di tutti nel perdere gli assist del compagno argentino, nella manifestazione d’amore di Insigne al Maradona.

Dall’esterno, soprattutto lontano da Napoli, si sono posti una domanda: come mai tanti anni di tormenti si sono liquefatti nel giorno dell’ultima volta dello scugnizzo tra le mura amica? Ce lo ha ricordato Marco D’Amore citando Marcel Proust: “Molto spesso, per riuscire a scoprire che siamo innamorati, forse anche per diventarlo, bisogna che arrivi il giorno della separazione”.

L’amore poi è intenso e quindi include anche i tormenti. A Napoli, tra fischi registrati, tifosi accusati di essersi ingolositi per lo scudetto o vessati da mogli, amanti o capiufficio, è andata in scena una manifestazione d’affetto pura, intergenerazionale, unica. C’erano tutti sugli spalti domenica: quelli che l’hanno criticato, magari qualcuno anche insultato nei momenti difficili. C’erano anche quelli che lo hanno accompagnato in tutti i dieci anni. C’erano i ragazzini che vedono in Insigne uno di loro: uno scugnizzo che parla la loro lingua, in certi sensi un esempio per la dedizione, per l’attaccamento alla maglia, per lo spirito di sacrificio, per la capacità di rialzarsi dopo i suoi stessi errori.

Dybala ha rappresentato la variante impazzita della notte che la Juventus aveva preparato soprattutto per Chiellini. Il suo pianto disperato ha spazzato via la sceneggiatura preimpostata, ha messo dentro la serata la dinamica del conflitto con i fischi ad Agnelli e a tutta la dirigenza. Controllate le immagini: ad ogni momento di commozione, ogni volta che la camera passava su Nedved e Arrivabene, i fischi ricoprivano lo stadio.

Ci prendiamo comunque il volto più bello: il campione che piange, l’amarezza del finale che voleva diverso, le sciarpe, il giro di campo. Tra Napoli e Torino ci sono vari punti in comune, il più significativo è l’abbattimento delle distanze che il calcio sa offrire. Non bastano i milioni, gli ingaggi sontuosi, i giocatori di fantasia come Insigne e Dybala vivono soprattutto di sentimenti, si alimentano dell’abbraccio della propria gente, oltre che delle loro giocate estemporanee.

Metteranno tutto in una cartolina: uno da Toronto, l’altro non si sa ancora dove a meno che non sia proprio all’Inter, dagli acerrimi rivali. In quel caso sarebbe sempre amore ma nel climax della storia in un attimo si passerebbe al tradimento più doloroso possibile.

È il rischio che si corre quando si è innamorati, va messo in conto, fa tutto parte dell’intensità del pallone e dei suoi sentimenti. Caro business, da solo non ce la puoi fare, te l’hanno spiegato anche Lorenzo Insigne e Paulo Dybala.

 

Ciro Troise

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