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Cercasi talenti fatti in casa.

Qual è la domanda più frequente nel calcio? Fin da quando ero bambina e pettinavo le bambole (con la mia atavica e indisponente passione per il pallone, in realtà le preparavo per farle scendere in campo) il quesito più ripetuto è sempre stato: per vincere bisogna affidarsi all’esperienza dei veterani o puntare sulla “freschezza” dei giovani? Indipendentemente dalle categorie o dalle competizioni, resta tuttora l’interrogativo più gettonato.

Si riempiono pagine di giornali etichettando allenatori e giocatori, in base all’età o alle esperienze passate (e ci sta tenerne conto) scorporando però situazioni spesso diverse e con presupposti totalmente differenti.

Basti pensare a Carlo Ancelotti. Un nome proprio oggi super attuale. Fino a ieri definito “bollito”.

Quasi come se, il sessantaduenne allenatore del Real Madrid, dopo aver vinto praticamente tutto in carriera, dovesse ancora dimostrare altro, forse pagando lo scotto di non essere stato, ad esempio, il trionfatore che tutti si auspicavano a Napoli (leggi “situazioni e presupposti differenti” di cui sopra).

Eppure pochi giorni fa, tra la magia del Santiago Bernabeu e le meraviglie di Luka Modric e Karim Benzema (non erano “bolliti” anche loro?) Re Carlo è tornato a riempire le prime pagine.

E perché non parlare anche di lui, Karim Benzema, classe 1987, che ha debuttato nella massima serie francese quando era poco più di un ragazzino. Oggi è il calciatore francese ad aver realizzato il maggior numero di gol in una sola stagione di Champions League. Ma quanti Benzema contiamo oggi in Italia? E, soprattutto, quante Società italiane sanno “scovare” talenti così e/o puntano realmente sui settori giovanili aiutando nuovi calciatori ad emergere?

All’indomani della sconfitta della nostra Nazionale con la Macedonia, che ha chiuso le porte ai prossimi Mondiali (per la seconda volta di fila) tanti addetti ai lavori si sono interrogati sulla questione “giovani”.

I club sono diventati aziende e pertanto devono necessariamente far quadrare i conti. Investire sui giovani italiani ha costi elevati. Ecco spiegato il motivo per cui si vira sui talenti stranieri. Questo però a discapito del nostro stesso destino.  Sono rarissimi i calciatori “Under” che vantano importanti minutaggi in serie A e B.

Recentemente, proprio il selezionatore dell’Under 21, Paolo Nicolato ha dichiarato: “Tra poco gli Azzurrini dovremo cercarli in Serie C”. Ed infatti oggi, per vedere un giovane talento in campo, qui in Italia, dobbiamo andare sui campi di Lega Pro o Serie D. E non è nemmeno tanto “scontato”, nonostante la regola sul “minutaggio giovani”.

È il caso, ad esempio, di Carmine Cretella, centrocampista classe 2002, proveniente dal settore giovanile del Napoli (che poi l’ha “svincolato”…) e che attualmente vanta 31 presenze 5 goal e 3 assist, con la Paganese (Lega Pro Girone C). Oggi, il calciatore, è “attenzionato” da una importante squadra Olandese che lo segue assiduamente sin dalle prime giornate.

Una Paganese che, paradossalmente, a inizio stagione sembrava proprio la meno accreditata a puntare sui giovani.

Lo stesso Cretella, ora autentica perla del team azzurrostellato, era infatti stato acquisito su indicazione di mister Lello Di Napoli, tecnico molto attento a valorizzare i giovani, poi però esonerato alla seconda (!) giornata, con una rivoluzione tecnica (e contestuale investitura di Grassadonia) adottando la scelta inversa di puntare su una squadra di “veterani” (età media in campo 26,4).

Ora però, la stessa Società, invischiata in una pericolosa zona play out, ha appena richiamato il tecnico napoletano a compiere una vera impresa salvezza. Corsi e ricorsi storici.

Qui le considerazioni sarebbero diverse ma mi taccio (scrivetemi in privato per ulteriori commenti).

Quindi mi chiedo se sia davvero normale che, un giovane talento nostrano, venga notato in Olanda piuttosto che in Italia? E poi, di contro, è davvero giusto dover ottenere un “incentivo” per permettere ad un giovane di esprimersi? È corretto illudere chi tanta “stoffa” non ha, ma grazie all’età porta bei soldini nelle casse societarie? Che faranno questi ragazzi, quando non saranno più “under” se non saranno decollati?)

Quello italiano, resta dunque un sistema assolutamente da rivedere. Secondo un recente studio del CIES Football Observatory sui talenti europei Under 21, tra i migliori cento risultano soltanto due italiani (Viti e Rovella, rispettivamente al 26° e al 47° posto).

Ora, anche qui, “la domanda sorge spontanea” (cit.): in Italia non nascono talenti come Benzema o piuttosto non c’è chi li sa far crescere adeguatamente o anche semplicemente scoprire? E tornando alle Società, non sarebbe più opportuno puntare sui settori giovanili, investendo su strutture e affidandosi a tecnici in grado di valorizzare realmente i giovani piuttosto che pensare ai propri tornaconti personali?

Tutto ciò ci riporta alla fatidica domanda iniziale, a quanto pare dopo un po’ di anni (fidatevi, non sono proprio di primo pelo) ancora non ci sono risposte!

Risposte no, però faccio mia una considerazione tanto gettonata quanto banale: largo ai giovani!

Gestiti da adulti meritevoli e competenti sono il futuro che avanza è l’unica salvezza…non solo nel calcio, ovviamente.

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