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Mancano 6 giornate – cioè 540 minuti – alla fine del campionato 2021/2022 e la classifica è spezzata in quattro segmenti. In fondo concorrono cinque squadre (Sampdoria, Cagliari, Venezia, Genoa e Salernitana) che viaggiano a ritmi pachidermici, unico motivo per cui gli uomini di Nicola possono sperare ancora in un miracolo, visti i due recuperi da giocare contro Venezia e Udinese.

Negli ultimi due turni hanno perso tutte, in una gara a chi fa peggio e che dimostra, purtroppo, lo scarso livello della nostra Serie A. Risalendo dal fondo, nel mezzo c’è un grosso e inutile pantano di squadre che ormai sono più o meno tranquille e non possono avere ambizioni europee di sorta. Altra pecca che non staremo qui ad approfondire, anche perché è un argomento fin troppo conosciuto.

La lotta per l’Europa, minore e maggiore, vede sul palcoscenico altri cinque attori (Atalanta, Fiorentina, Lazio, Roma e Juventus) e nemmeno questi recitano un copione ad alto ritmo. Lassù in cima, infine, perfino le stelle Inter, Napoli e Milan non riescono a brillare di luce perpetua, ma vanno a intermittenza. In sostanza, questo è un campionato all’insegna della discontinuità, dell’imperfezione, dell’insicurezza. Non certo dell’eccellenza.

Cosa conta, allora, in un torneo con simili caratteristiche, per raggiungere l’obiettivo finale? È fuor di dubbio che, a questo punto, tutte le contendenti mantengano pregi e difetti dimostrati durante l’anno e non si può pretendere che, di colpo, ci si trasformi. È chiaro che, allora, la componente psicologica e la resilienza agli urti del campionato saranno determinanti per decretare un vincitore. Soprattutto per quanto riguarda la lotta Scudetto. Serve la testa. Al momento, per calendario e successione di risultati, l’Inter sembra godere di una scia positiva, nonostante non comandi (ancora) lei la classifica.

Nella giornata in cui affrontava la Juventus e il Napoli era di scena a Bergamo, mentre il Milan aveva il Bologna in casa, tutto faceva pensare ad un allungo rossonero. Se non decisivo per lo Scudetto, almeno propedeutico. E, invece, l’asse si è ribaltato, con i nerazzurri capaci di vincere allo Stadium e i cugini fermati da una squadra che incarna lo spirito guerriero del suo condottiero, Sinisa Mihajlovic, cui mandiamo gli auguri di pronta guarigione.

Il successo dell’Inter allo Stadium ha ridato slancio alla squadra di Inzaghi che, per il titolo ancora cucito sul petto e per il valore della rosa, ha ora quella maturità e quella capacità di reggere la pressione d’alta classifica che alle altre due manca. In più, c’è una semifinale di ritorno di Coppa Italia imminente, che darà un verdetto ben al di là del risultato sportivo. Vincere contro il Milan nel derby, guadagnare la finale, potrebbe essere il tonico ricostituente decisivo per i nerazzurri e fatale per i rossoneri. Viceversa, potrebbe ridare fiato all’ansimante collettivo di Pioli e far ripiombare nell’insicurezza quello di Handanovic e compagni.

Dopo la sconfitta nel derby di ritorno in campionato, infatti, i nerazzurri hanno vissuto due mesi bui. A differenza di allora, però, non c’è più tempo per riassestarsi. Chi inciampa resta indietro. Anche i numeri sorridono all’Inter, che vanta il miglior attacco (65 gol), la miglior difesa (24 gol subìti) e il maggior numero di tiri in porta (198). Con una coppia d’attacco che, pur subissata da critiche, ha messo insieme 27 gol.

Dzeko-Lautaro non figurano tra i primissimi nomi della classifica marcatori, ma incidono molto più degli attaccanti della capolista, ad esempio, che ha in Ibrahimovic, Giroud e Leao un tridente da 16 gol totali appena.

E veniamo proprio al Milan, che invece fa dell’abilità di non prendere gol la propria virtù. Sono ben sei le partite, compresa la coppa, in cui Maignan non ha fatto passare nessuno. Era il 19 Febbraio, giorno del 2-2 a Salerno, l’ultima volta che il Diavolo ha subìto più di un gol in una partita. Perso Kjaer, Pioli ha trovato nella coppia Kalulu-Tomori una fortezza inespugnabile. E futuribile, vista la giovane età di entrambi (21 il francese, 24 l’inglese). Non è così che si vincono i campionati, in fondo? Vero, ma non è proprio così se, al contrario, i gol all’attivo faticano tanto ad arrivare nel momento clou della stagione.

Due zero a zero consecutivi, dopo ben tre 1-0 di fila e i numeri scarni dei bomber che abbiamo citato poc’anzi che determinano una stitichezza offensiva preoccupante per Pioli. È una squadra, quella rossonera, che fin qui probabilmente ha “over-performato” (che brutta parola) e sta camminando con il fiato corto. Avendo una rosa inferiore a quella delle altre due contendenti, avendo speso anche meno di altre big del nostro campionato in termini economici, ha costruito la propria fortuna sul filo invisibile del gioco collettivo.

Se mancano le prestazioni, non c’è il fuoriclasse che risolve tutto. Non ci si illuda che possa essere Leao, non ancora, perché è giovane e non ancora maturo. Sebbene quest’anno abbia compiuto un notevole salto di qualità, è spesso mancato quando gli si chiedeva di più (vedi la partita ad Oporto).

Tra le due sponde del Naviglio, poi, c’è un Napoli che sembra stregato tra le mura amiche, con cinque sconfitte interne sul groppone che ne hanno sempre smorzato la rincorsa verso un decollo definitivo. La qualità di gioco della squadra di Spalletti, nelle giornate buone, è superiore ad entrambe le milanesi. I partenopei saranno spettatori interessati del derby di cui sopra e, se non potranno trarne vantaggi psicologici, almeno si augurano una sfida combattuta e lunga, risolta magari ai rigori, con conseguente dispendio di energie fisiche.

Prima, però, bisogna guardare in casa propria e constatare il calo di rendimento di due pilastri come Fabian Ruiz e Piotr Zielinski. Qualità, quantità, corsa, inserimenti e gol, un pacchetto preziosissimo, che nella prima parte di stagione è stato scartato con avidità dal Napoli. E che ora latita. Il polacco, fin qui 5 reti e 5 assist, non realizza né l’uno né l’altro da ben 12 giornate, escludendo la gara saltata per Covid contro la Sampdoria. Lo spagnolo è a secco da meno, ha segnato il gol decisivo a Roma contro la Lazio, ne ha realizzati 6 in totale in questa stagione, con 3 assist. Anche lui, però, prende delle grosse pause.

Da cinque giornate marca visita e, prima dell’acuto contro i biancocelesti, non si avevano sue tracce da altre cinque partite. La Fiorentina di Italiano, con un gioco rapido e incisivo, ne ha approfittato e ha messo a nudo le lacune di un centrocampo che non ha saputo reggere l’onda d’urto viola. E anche l’attacco è rimasto isolato, con Insigne e Politano troppo arretrati e Osimhen messo a dura prova dal duello tutto fisico con Igor, non certo uno gracilino. Anche l’attacco del Napoli, così come quello del Milan, stenta ancora a decollare, anzi, non è mai decollato. Solo Osimhen in doppia cifra con 12 gol, dietro Insigne e Mertens a 8. Numeri da Champions League sì, da Scudetto ancora no.

Sarà, dunque, una Pasqua di passione, che comincia di venerdì santo con l’Inter a casa di Thiago Motta, amico di vecchia data del Triplete e alla guida di uno Spezia sorprendente, ma praticamente salvo. Subito dopo, sarà di scena il Milan impegnato al Meazza con l’agonizzante Genoa di Blessin. Reduce da due k.o. consecutivi e da un pesante 1-4 casalingo subìto dalla Lazio che ha scardinato l’idea di un Grifone incapace di prendere gol. A Pasquetta, cioè nel lunedì dell’Angelo, dovrà essere il Napoli a mettere le ali e spiccare il volo contro la Roma di Mourinho, sperando anche in questo caso negli strascichi di Conference League dei giallorossi. Per poi mettersi in poltrona a gustarsi il Derby della Madonnina.

In ultimo… siamo proprio sicuri che la Juventus, attualmente indietro di sei punti e con un calendario più agevole delle altre… sia definitivamente tagliata fuori?

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